lunedì 8 giugno 2009

Dall’Italia al Sudtirolo: prove tecniche di integrazione

Articolo per Skolast:
di Paolo Attanasio

Quando la redazione di Skolast mi ha chiesto una riflessione sull’attuale situazione in cui versa l’Italia a proposito della perversa spirale che si avvita fra esplosioni di intolleranza razziale, minimizzazioni da parte dei media e involuzione sicuritaria della legislazione nei confronti degli stranieri, mi sono detto che sicuramente non sarebbe stato un problema scrivere un articolo sul tema, data l’abbondanza di fatti, narrazioni e commenti esistenti in proposito. Al contrario, però, la difficoltà si è rivelata proprio quella, in un certo senso, di non saper da dove cominciare, appunto perché le manifestazioni in questo senso si accavallano e si inseguono senza sosta, e i segnali dell’involuzione razzista sono tanto più preoccupanti in quanto coperti da quella patina di indifferenza generale che li rende possibili e, in fondo, quasi giustificati. L’ubriacatura collettiva per la sicurezza ha preso un tale slancio, che orami più di un commentatore descrive l’Italia come un paese “neo-proibizionista”, in cui le amministrazioni locali (soprattutto del centro-nord) fanno a gara nell’escogitare e mettere in pratica i divieti più fantasiosi (dalla recentissima normativa regionale “anti-kebab” in Lombardia, al divieto di servire pietanze “esotiche” nel centro storico di Lucca, fino alle panchine che impediscono di sdraiarsi di Verona). Ovviamente le “vittime” di questo giro di vite non solo soltanto gli stranieri, ma è ovvio che proprio i migranti risultano essere i più colpiti, in quanto anello debole della catena.
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1 commento:

  1. Ciao Paolo,
    Ho letto attentamente il tuo articolo ( malgrado che è lungo), e lo considero molto interessante. Complimenti.
    In effetti un paese non si può considerarsi democratico, e civile, se esiste anche solo una persona in tale società, che i suoi diritti non vengono rispettati pienamente. Non si può essere democratico solo a meta o a rate!
    Amir

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